La Madonna del Carmelo

Relazione storica
sul quadro

“La Madonna del Carmelo
tra i Duchi della Rovere
e i Conti Ubaldini”

custodito nella
Pieve di Apecchio
di Leonello Bei

Entriamo nella storia del Ducato di Urbino nei primi anni del 1600. Erano passati i brutti periodi che avevano visto il crudele dominio di Cesare Borgia e quello di Lorenzo dei Medici, che avevano costretto i Duchi a periodi di esilio e tutti i feudatari a scappare o a sottoporsi alla loro autorità. Era passato Guidobaldo II che aveva imposto con la forza tasse pesantissime. Ora sotto il dominio del buon Duca Francesco Maria II, con il passare degli anni il problema più grande era di avere un successore, e l’erede, Federico Ubaldo, sia pure in ritardo era arrivato. Il quadro politico che ci riguarda in questo periodo è che Apecchio pur essendo una Contea pienamente autonoma sia amministrativamente che legislativamente (l’unica del Ducato) ha comunque della regole di vassallaggio da rispettare verso il Duca d’Urbino, ma sembra che sia stato più in rapporto di reciproca amicizia che di dipendenza. Il personaggio che più spicca in Apecchio all’inizio del 1600 è senza dubbio il Conte Gentile II degli Ubaldini. Di lui e di questo periodo si parla ampiamente nel libro di Mons. Berliocchi “ Quando c’erano le torri, Apecchio tra Conti, Duchi e Prelati”. Si racconta quando, ancora giovane, contrasse alcuni debiti, mettendo in imbarazzo anche il padre, si parla anche di quando, diventato adulto, seppe dirigere con polso fermo la Contea, adeguando alle necessità che via via si presentavano, i vecchi codici di leggi dati da Ottaviano Ubaldini nel 1494. Si racconta anche della sua morte, per la quale, lui stesso, aveva disposto un funerale, accompagnato da 13 preti con 13 torce. Noi cercheremo di aggiungere degli aspetti nuovi di Gentile II, scoperti di recente nell’archivio Ubaldini di Urbino, che ci hanno ricollegato alla storia del quadro di cui stiamo trattando.

ANTEFATTO

Nel 1607  il Ducato d’Urbino venne colpito da un’epidemia di vaiolo, ed il Duca per salvaguardare l’incolumità dell’unico figlio, erede del Ducato, che avvertiva alcuni preoccupanti sintomi della malattia lo fece allontanare dalla città. Ma alcuni studiosi ritengono che il piccolo principe fosse già stato colpito dal terribile male, altri dicono che i “mali varoli” di cui era affetto, sarebbero stati solo dei fastidiosi sfoghi della pelle. A questo proposito riportiamo parte di una lettera spedita da Urbino al Granduca di Toscana Cosimo II dei Medici per informarlo sulla salute del Duchino Federico Ubaldo, che dice così:

“ Il Sig. Principe cominciò ad avere un poco l’inappetenza con un poco di raucedine e di scesa sul collo, poi ebbe un po’ di febbre e cominciarono a comparire alcuni varoli nella testa e nel viso e dopo in maggior copia per tutta la vita e in parte nel petto e nella schiena. “

Proponiamo anche un brano tratto dal libro “Vite Straordinarie”, pag. 127-128:

“Il duchino Federico Ubaldo, unico erede al ducato di Urbino si ammalò. La malattia fu diagnosticata come “mali varoli”, la sua pelle era ricoperta di piaghe e crostoni. Il Bassoia, medico personale del duca, i più quotati medici del ducato, quelli fatti venire dalla Toscana e da altri luoghi non riuscivano a guarirlo. Fu mandato in varie località dello Stato per cambiare aria, senza giovamenti, finché il 2 luglio 1607, si decise di portarlo in Apecchio. Dopo tre mesi e mezzo di permanenza, il 19 di settembre il duchino fu dichiarato guarito.”

Quindi Federico Ubaldo detto Federichino visto che gli altri luoghi dove era stato portato non gli giovavano fu spedito in Apecchio.
Perché in Apecchio e non altrove, con tutti i luoghi belli e lussuosi che possedeva il Ducato?
Questo avvenne per almeno tre buoni motivi:

Primo: il Duca riteneva che mandarlo in casa del Conte Gentile, sarebbe stato al sicuro come in casa propria, poiché la fiducia che aveva verso il Conte era grandissima, come vedremo in seguito.

Secondo: ed è un fattore molto importante, il territorio d’Apecchio era ed è tuttora ricchissimo di sorgenti solfuree, considerate da sempre un toccasana per la cure della pelle. Le varie fonti: delle Vaie, del Gatto, della Taverna, di Pian di Lupino e della Piscina Nera producevano fresche acque e preziosi fanghi neri che gli apecchiesi da sempre usavano per curare piaghe e ferite.

Terzo: avrebbe potuto usufruire per non annoiarsi, della compagnia di uno dei figli del Conte, che gli era coetaneo e che portava lo stesso nome del Padre.

A proposito del piccolo Gentile abbiamo trovato alcuni documenti interessanti che vogliamo proporvi; il primo riguarda la nascita e dice così:

Gentile III Ubaldini
Gentile III Ubaldini

“ Nacque il Conte Gentile Ubaldini in giorno di domenica, li 9 del mese di settembre l’anno 1601 e gli fu posto il nome del padre che aveva nome Gentile, e da Cecilia Amici, famiglia della più nobili della Marca, seconda consorte di Gentile, e fu battezzato li 10 dello stesso mese. Nacque come dissi in Apecchio, diocesi di Città di Castello. Il luogo è murato, civile e popolato per quanto comporta la condizione del sito aspro fra l’Alpi nel declinare del giogo dell’ Appennino che soprasta al Borgo San Sepolcro e a Città di Castello. E’ a capo di Massa Vaccareccia, perciò l’ Arme della Comunità è una vacca con un picchio in groppa, picciola Provincetta e antichissima signoria degli Ubaldini ed è il ramo più illustre e famoso nelle istorie, tra gl’altri molti della casa. La suddetta Vaccareccia è bagnata da tre fiumi: Vescubio, Candigliano e Menatoro. Ripiena di villaggi e con molte castella in particolare: Apecchio, La Carda, Seravalle, Vergonzano, Rocca Leonella, Valbuscosa, Pietragialla, Montefiore, Fagnille, Basciuccheto, Monte Vicino, Castiglione e Monte Forno, in mezzo dè quali è Apecchio e quivi nacque Gentile, con pericolo della vita della madre. Fu educato nella puerizia sotto la disciplina di buoni maestri, che li provvide il padre et in breve se ne vide il profitto in tutte le altri. “

Cecilia Amici e il figlio Ottaviano III Ubaldini
Cecilia Amici e il figlio Ottaviano III Ubaldini

Il prossimo documento riguarda invece i rapporti tra Gentile e il piccolo Principe Federico:

“ Gentile Ubaldini, figliolo di Gentile Ubaldini Conte d’Apecchio, Pietragialla e Montefiore, di anni 7 incirca, ebbe la conversazione domestica di Federico Principe d’Urbino, figliolo di Francesco Maria, Duca d’Urbino, per lo spazio di due mesi e mezzo continui che stanziò in Apecchio apresso il Conte Gentile suo padre, dalli 2 di luglio fino alli 19 di settembre, andando con il Principe d’Urbino a spasso, con meraviglia degli Apecchiesi, sopra una bella carrozzina tirata da un gran cane di Bertagna, che la Marchesa Camilla Malvezzi, madre del Marchese Chiapio Vitelli, aveva fatto venire da
Fiorenza e donatala al Principe d’Urbino mentre dimorava in Apecchio. “

Gentile Ubaldini da grande si trasferì a Roma al seguito del cugino Cardinale Roberto, si fece frate col nome di Fra Girolamo e successivamente prese i voti col nome di Padre Agostino. Fu preposto della Chiesa di San Biagio in Montecitorio, dopo aver insegnato nelle scuole religiose più importanti d’Italia, rifiutò gli Arcivescovati di Avignone e di Amalfi offertigli da Papa Innocenzo X, per non allontanarsi troppo da Roma, di dove assicurava benessere e prosperità alla Contea di Apecchio.

Ritorniamo a parlare del quadro cercando di spiegarne i personaggi che ci sono rappresentati. E’ intitolato alla Madonna del Carmine; più in basso vi sono tre personaggi reali, sulla destra, contrapposti a tre Santi sulla sinistra.

Gentile II UbaldiniConte d’Apecchio Gentile II

Il primo in alto a destra vestito con il saio francescano è il Conte d’Apecchio Gentile II. E’ contrapposto a San Francesco, perché lo riteneva il suo protettore, la sua guida spirituale, lo specchio su cui basare la propria vita. In questa pieve fece costruire la cappella dedicata a San Francesco e nella quale chiese di essere seppellito vestito solo del saio francescano.
San Francesco d'AssisiSan Francesco d’Assisi

Ma vediamo che tipo era questo pacioccone barbuto applicatore inflessibile delle leggi nell’amministrazione della giustizia. Aveva bandito la bestemmia e a chi veniva colto in flagrante veniva forata la lingua e imprigionata tra due stecche di legno.
Godeva della massima fiducia del Duca, che gliela dimostrava in ogni occasione di bisogno.

Era usanza del Duca dare delle patenti di comando ogni qualvolta se ne presentava la necessità. Incaricando del comando, persone della massima fiducia; per l’appunto il Conte Gentile che sembrava averne il monopolio come si può vedere da questi documenti:

“ Il duca d’Urbino spedì patente al Conte Gentile II Ubaldini in Apecchio li 22 giugno 1584, nella quale comanda che il Conte Gentile sia obbedito come la Persona Propria del Duca, volendo che abbia ogni maggiore autorità che sia mai solita darsi in quella carica, inserendosi nella patente per motivo, essere destinato a uno dei principali governi quale era il governo dell’armi della città e fortezza di Sinigalia, che il Duca di Urbino abbia nel suo stato, e che ha cercato di eleggere persona non solo di valore, fede e diligenza, ma che sia acompagnata da autorità e rispetto.”

“ In data 19 giugno 1590 spedì il Duca d’Urbino patente ducale al Conte Gentile II degli Ubaldini, di potere comandare a ministri e offiziali e d’essere obbedito come la Persona Propria nella provincia
di Massa. Patente fatta con occasione d’un certo numero di banditi presenti in loco.”

“ In quest’anno 1595 il Duca d’Urbino spedì li 4 giugno Patente Ducale, dove si vede il sudetto Duca, dichiara il Conte Gentile II Ubaldini d’Apecchio, suo Comisario Generale nelle città di Pesaro e Sinigalia e ne loro territori, con piena autorità come la Persona Propria del Duca, per il passaggio delle genti ecclesiastiche di Papa Clemente VIII ch’andavano in Ungaria.”

“ Il dì ultimo di novembre 1597 per il passaggio d’altri soldati ecclesiastici per lo Stato d’Urbino, fu spedita patente al Conte Gentile Ubaldini d’Apecchio e dichiarato dal Duca d’Urbino: Comisario Generale nelle città di Gubbio, Cagli, Urbino, Fossombrone, Massa, Montefeltro e loro territori, con darle suprema autorità di comandare a tutti e specialmente agl’altri Comisari, Capitani, Offiziali e milizie, e che sieno tenuti d’obedire agl’ordini del Conte Gentile, non meno che fossero dati dallo stesso Duca.”

Quindi il Duca nelle situazioni di pericolo era solito affidarsi al Conte d’Apecchio, ma era pronto anche a gratificarlo pubblicamente quando se ne presentava l’occasione, come dimostrano alcuni altri documenti:

“ Anno 1597 hebbe ancora il Conte Gentile Ubaldini la provisione di Gentile Huomo da Cocchio del Duca, ancorché assente dalla Corte e residente nella sua Giurisdizione o altrove. Favore molto singolare ne ad altro Cavaliere o titolato, concesso, se non al Conte Horazio di Carpegna.”

“ Il Conte Gentile Ubaldini nel mese di novembre asiste al Battesimo solenne del Principe Federico figlio del Duca d’Urbino, nato li 16 di maggio, e il Duca fece trattenere il Conte Gentile a mangiare seco publicamente.”

“ Fu eletto il Conte Gentile d’Apecchio dal Duca d’Urbino, come Capitano della scorta e per compagno della Marchesa del Vasto, sorella del Duca, nel viaggio di ritorno da Napoli.”

“ Il Conte Gentile di Apecchio, operò in modo apresso il Duca d’Urbino, che Timocrate Aloigi, suo suddito nato in Apecchio, fosse eletto da Papa Paolo V, Vescovo di Cagli per nominazione del Duca, al cui servizio era stato per lungo tempo in Roma.”

Francesco Maria II della RovereFrancesco Maria II della Rovere

Passando ai personaggi seguenti, troviamo il Duca d’Urbino, Francesco Maria II della Rovere contrapposto a San Benedetto Vescovo.
Perché San Benedetto?
Perché il Duca preferiva abitare nel suo palazzo di Urbania, piuttosto che in Urbino, e li era protettore dell’Abbazia di San Cristoforo al Ponte, appunto Benedettina.

San BenedettoSan Benedetto

Lo vediamo raffigurato con indosso tutti i simboli del suo potere. Lo scettro del comando in mano, che sta porgendo verso il Vescovo in atto di palese sottomissione alla Chiesa. Indossa l’ermellino, infatti i Duchi d’Urbino erano stati insigniti “dell’Ordine dell’Ermellino” dal Re di Napoli nella persona di Federico da Montefeltro; come possiamo vedere porta anche il Tosone d’oro, un’enorme collana d’oro massiccio donatagli dal Re di Spagna in segno di ammirazione e gratitudine per i servizi resigli in guerra, collana con la quale venne sepolto in Urbania, come risulta nella storia di Casteldurante. Gli stessi gigli che adornano la sua veste, che hanno tratto in inganno qualcuno facendogli pensare che si trattasse di San Luigi di Francia, sono simboli del suo potere. La madre del Duca era Vittoria Farnese ed aveva nel suo stemma principesco i gigli, perciò dimostrare la parentela con una famiglia che aveva Dignità Sovrana e che poteva vantare di aver avuto un Papa, Paolo III e vari Cardinali , era per lui molto importante.

Federico Ubaldo della RoverePrincipino Federico Ubaldo

In fondo troviamo il Principino Federico Ubaldo in contrapposizione con San Carlo Borromeo. Un Santo questi, considerato di famiglia poiché un suo fratello aveva sposato Virgina, sorella di Francesco Maria.

San Carlo Borromeo
San Carlo Borromeo

Pochi anni prima, nel 1579, era stato ospite del Ducato di Urbino, e aveva lasciato una forte impressione su tutto il territorio tanto che ogni Chiesa aveva fatto dipingere quadri in suo onore. Anche Federichino offre la sua corona, come atto di sottomissione alla Chiesa, forse dimostrando una premonizione per quello che sarebbe successo, infatti la prematura morte del Principe, avvenuta a soli 18 anni nel giugno del 1623, fece si che il Ducato, senza eredi, ritornasse sotto il dominio della Santa Sede.
Un ultimo particolare da osservare nel quadro, sono i due angeli in alto. Quello di sinistra ha i lineamenti di una donna matura, quello di destra di un bambino. Quindi si potrebbe azzardare l’ipotesi che siano stati raffigurati i volti della Contessa Cecilia e del piccolo Gentile.
Le cose dette finora potrebbero sembrare solo delle supposizioni, e lo sarebbero se non fossero supportate dai seguenti documenti; il primo trovato nell’archivio di Palazzo Ubaldini in Urbino dice così:

“ Il Duca d’Urbino in segno di straordinaria confidenza e amore, mandò li 2 luglio 1607 il Principe Federico, suo figlio, in Apecchio in casa del Conte Gentile Ubaldini, dove dimorò assieme con la sua Corte fino alli 19 di settembre, concorrendovi di continuo genti da tutto lo Stato. Di questo fatto apparisce nobile attestazione in un quadro ben grande, fatto dipingere dal medesimo Conte Gentile e da
lui collocato nella galleria della magnifica sua abitazione in Apecchio. A questo è stata posta un’iscrizione rappresentante la verità del seguito a perpetua memoria.”

Il secondo è nel volume manoscritto del Certini: “Memorie istoriche di 30 famiglie” dove l’Autore dice di aver veduto nelle sale del Palazzo di Apecchio, gran copia di quadri, e ricopiò le didascalie di quelli dei membri della famiglia; prosegue poi dicendo di aver visto un grande quadro dove erano raffigurati veri personaggi non decifrati con la seguente iscrizione:

“Adi 2 luglio 1607, piacque al Serenissimo Francesco Maria, Duca d’Urbino, con l’occasione dei mali varoli c’attorno erano, mandare il Sig. Federico Principe, in Apecchio in casa del Sig. Conte Gentile Ubaldini, dove stette con la sua consorte persino alli 19 settembre 1607 per Dio grazia con sanità et acquisto nella sua persona, conforme il ritratto che a perpetua memoria e fatto fare dal Sig. Conte.”

Lo stesso quadro è registrato all’archivio Capitolare di Città di Castello nel volume contrassegnato VB 28.
Dove sono finiti tutti quei quadri visti dal Certini?
A questo proposito si può solo formulare un’ipotesi.
Il 10 dicembre 1841 Papa Gregorio XVI concesse il Palazzo degli Ubaldini al comune per destinarlo a sede Municipale, in quell’occasione per la formazione degli uffici furono tolti gli arredi, è possibile che il grande quadro in cui era raffigurata la Madonna con dei Santi fu preso dall’Arciprete e messo in chiesa, infatti quella attuale è una sistemazione posticcia e rimediata, non essendo mai stato posto in un altare. Mentre gli altri quadri raffiguranti personaggi che non interessavano più nessuno, è probabile che siano stati portati altrove o magari venduti in blocco a qualche rigattiere. Fatto sta che Apecchio in quell’occasione perse un patrimonio di altissimo valore artistico e soprattutto storico.

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